domenica 21 aprile 2024

Gnosi: brevi annotazioni sulla Pistis Sophia e il Canto della Perla

 




Nevicano nel mio cuore sofferenze nascoste
(Henry de Régnier)

Come più volte qui annotato (è sempre bene rammentare) nei trattati mistici della Persia iranica e poi mandea e manichea, nelle religioni misteriche mediterranee fino alla dottrina gnostica e, in buona sostanza, dalle forme devozionali estatico-veggenti che sono proprie alle tradizioni di ogni continente, si possono rinvenire significative convergenze d’indizi riguardanti l’azione di una peculiare interazione energetica sottile, (meta-energetica) intercorrente tra l’uomo e determinate forme di coscienza non individuate nella dimensione materiale. 

Questa interazione sottile è più che altro una forma di vera e propria predazione energetica che l’uomo subisce fin dai suoi primordi e di come tale avvenimento, benché invisibile, in realtà costituisca l’elemento cardine attorno cui ruota l’evolversi della manifestazione cosciente auto diffusa nella vita del Cosmo, nonché, proprio qui possiamo individuare senza tema di smentita anche il segreto centro coordinatore di ogni struttura verticistica che è propria all’esercizio del Potere stesso e alla sua Reale funzione metastorica.




 

Pistis Sophia: con questo nome la dottrina gnostica identifica l’emblema dell’anima primordiale che, nella finzione allegorica, è illusa a divenire, suo malgrado, la madre delle forme.

Tale evento, accaduto prima della formazione stessa del cosmo, segna l’avvenuta frantumazione identitaria di cui fu pervasa l’Eone Sophia, inizialmente accesa dall’angoscia e dalla paura di perdere la vita a seguito del sopraggiunto ottenebramento di superiori sensi elettivi che, per motivi inesplicabili, gli vietò la prossimità alla Chiarità Preesistente, (Luce dell’Uno) provocandole confusione e smania di non poter più pervenire alla Verità.

È a causa di questa brama (accaduta come una variazione degradata della frequenza originaria) che la dimensione attuale, la materia, (hyle) e il suo sostegno sottile - anima (psykhe) - ebbero comparsa occasionale.

Lo smarrimento archetipico di Sophia è propagato nell’interiorità dell’uomo e riecheggia continuamente nelle sue profonde inquietudini, propagandosi nelle sue aspirazioni, brame e assilli mai completamente appagati.

 



Nella dottrina gnostica Sophia assieme al Cristo rappresentano gli Eoni attribuiti all’ultima emanazione divina rivelata nel presente Ciclo.

Loro emblematizzano gli ultimi motivi (facoltà residua della Memoria Splendente) dispiegati lungo l’ampiezza di Ere incalcolabili, in grado di rilegare i margini estremi dell’Eone alla Pienezza archetipale, (Pleroma) garantendo alla coscienza l’effettivo collegamento con l’originaria Radianza Splendente dispersa nelle tenebre materiali.

 

Il dramma della redenzione di Sophia attraverso il Cristo o il Logos, fonda la dimensione tragica dell’universo, significativamente riversata e addensata nell’Uomo, la cui conformazione definisce un complesso enigma contraddittoriamente stagliato nel multiforme scenario del Cosmo.

 


Quaggiù l’uomo realizza, suo malgrado, l’interiore e misteriosa (sovente ambigua) variazione periodica emotiva di continui dissidi interiori, diversificando i significati di molteplici aspirazioni spesso confuse se non quando avvilite, variamente corrotte, pur disponendo dell’eclissata facoltà di poter attingere interiormente al primigenio bene smarrito.

Tale facoltà (rammemorazione) è remotamente accordata, seppur a differenti estensioni e modulazioni, con l’aspirazione di riscatto dell’animo: presentimento dell’eterno, pur essendo presentemente coinvolti nel grave addensamento terreno.

 




Un testo gnostico fondamentale è gli “Atti di Tommaso”, contenenti una pagina rivelatrice: “Il Canto della Perla” o anche detto “Canto dell’Animo”.

Nell’espressione “canto” possiamo chiaramente intuire l’accento poetico maggiormente vivido del lamento inerente la precipitazione dell’animo nel presente dramma cosmico, il suo penoso rilegamento ad una composita dimensione energivora; perché questa Illusione Concreta < Coerente Allucinazione Frattale > è posta in costante bilico tra l’aspirazione redentiva e la nefasta precipitazione dentro un vuoto di tenebre (Kenoma). 


In questa dimensione il mutevole contrasto offerto dalle infinite gradazioni dell’ombra e della luce, dell’alternanza tra la notte e il giorno, pervade i molteplici contrasti chiaroscurali di una fascinazione ineffabile che, per il tramite della riflessione poetica, è rivelata essere l’emblema del dissidio intercorrente tra l’equivoco (inganno) e la Verità < Pleroma – Pienezza dell’Uno – contrapposto al Kenoma – Vuoto obliante >

 

Protagonista del “Canto della Perla” è il figlio del Re, metaforicamente disceso in Egitto, (terra ancestrale e limes ideale di giunzione tra differenti dimensioni) come paradigma dell’animo inabissato nel “mondo inferiore” alla ricerca di una perla custodita da un tremendo rettile (serpente).

 

 


Altresì, nel testo religioso dell’India, l’Atharva-deva la perla è significativamente custodita dai rettili, in questo caso da draghi che abitano il fondo degli abissi.

È loro premura tenerla in ostaggio poiché con essa si possono estrarre filtri d’immortalità.

In buona sostanza in tutti i miti il legittimo proprietario della perla è l’uomo e la perla è l’emblema della prodigiosa facoltà creatrice dell’anima, resa impotente dall’accidentale disorientamento.

Al figlio, che per il viaggio dovrà vestire un’immonda veste, (il corpo) lo si invita a rammentare continuamente le proprie origini, poiché il luogo dove si reca favorisce la dimenticanza.

 


 

È nel fondo di questo disorientamento che si produce l’inevitabile conflitto spirituale protratto attraverso la durata indefinita di più Cicli cosmici.

Nell’idea di “conflitto” è implicita la duplicità della nostra essenza rivelando con ciò la possibilità della nostra natura di aderire a differenti domini.

 

Nella dimensione attuale, che il mito gnostico intende come scaturita dal delirio/incubo dell’Eone Sophia, agisce internamente al ritmo cosmico un’essenza superiore definita come “destino”, esso è insito nella bolla spazio/tempo, nel cui valore, a un dato momento del nostro percorso conoscitivo, la realtà stessa della coscienza incarnata è fatalmente riassorbita.

 

La coscienza si rifonde nel significato di “destino”, quasi come se ciò costituisse il completamento della sua ultima prova, a sancire gli esiti inconoscibili dell’avvenuto passaggio da questa ad un’altra dimensione.

 

L’idea stessa del “Male” sarebbe riassunta nel continuo impedimento esercitato da una forza contraria alla libera determinazione della coscienza, determinandola dentro un implacabile Assetto Energivoro che la pone sotto il suo influsso e ne limita ogni possibile espansione, impedendola senza tregua fino all’estremo annichilimento dell’involucro terreno in cui è fatalmente racchiusa. 

Perciò il termine ultimo di una esistenza accortamente disciplinata (esercitata già in questa vita di prigionia terrena) dovrebbe coincidere al disvelamento stesso della chiara consapevolezza.

 

La chiara consapevolezza scaturisce dal primigenio flusso trascendente, a cui ogni azione interiore realmente significativa trova necessariamente corrispondenza; tale principio è pericolosamente ostacolato dalla nostra perentoria subordinazione alla modulazione binaria A.I.

La storia moderna e contemporanea lo dimostrano: quando la Ragione è scissa dall’intuizione sovrasensibile l’uomo si orienta nel disumano.

Nell’epoca attuale non già il cosiddetto sonno della Ragione, bensì è la sua condizione d’insonnia a generare i mostri artificiali che deformano a incubo la realtà.