il disprezzo dell'uomo e sua apoteosi o dell'essenza del nichilismo solare
Autoritratto ancestrale - punta d'osso su parete di terra rossa, lido di Ladispoli -
Qui espongo unicamente una testimonianza certa del mio incerto agire, che è allegoria stessa di una disperante - quanto esteriormente insignificante - resistenza alle tenebre
Quale convinzione?
L’universo è consumato e rinnovato dalla voracità. Una cupa voracità splendente.
La voracità, in questa dimensione ed anche in altre ad essa coeve è il nucleo di ogni divenire.
La predazione fisica è solo la ridotta ripetizione della predazione immateriale ancestrale.
Nell’uomo, agisce una recondita volontà di potenza - sua risolutezza a rinvenire in sé la Luce - che non è l'ordinaria volontà di affermazione di sé stessi, ma, più esattamente, la Volontà di Potenza coincide alla determinazione di svellere l’inganno primordiale che l’uomo istituisce in sé stesso a sé stesso. Questo deve essere chiaro una volta per tutte.
Non da altra aspirazione emancipatoria nasce la pratica assurda dell’alchimia, che è da considerare come scibile della Gnosi Operativa.
Non altrove risiede la nostra essenza se non nella fatalità d’essere agiti da inesplicabili forze preternaturali, pertanto, dovremmo ritenere che il prodigio dell’uomo è quello d’essere oltremosso dall’evidenza delle cose al loro mistero.
In ultimo, dovremmo avere la forza interiore di scrutare nell’abisso, intenzionati a precipitarvi vuoti d’ogni disperazione; determinati a varcare la soglia dell’ignoto, senza doverci preventivamente genuflettere innanzi a una o più divinità.
Fontana del Moro in piazza Navona - olio su tela 40x60